I Quartieri Sovietici di Riga

Quando sono arrivato nel mio appartamento condiviso a Riga l’estate scorsa (organizzato da Liden & Denz), ho incontrato un ragazzo della Repubblica Ceca. Erano le cinque del pomeriggio. Abbiamo cucinato insieme nella nostra piccola cucina, condiviso una birra con l’altro coinquilino (che veniva dal Belgio), e siamo diventati subito amici. È stata una sorpresa: tre persone provenienti da parti completamente diverse del mondo, di età differenti, riunite in un piccolo appartamento sovietico a Riga dalla passione per la lingua russa, dal desiderio di conoscere una cultura straniera, e di comunicare con le persone.
Molti pomeriggi li trascorrevamo – io, “Jan il Ceco” (il soprannome che gli ho dato) e altri studenti – in escursioni in giro per la città, in spiaggia o al lago, e poco dopo anche in un bar locale, a praticare un russo discutibile (anche se, vi assicuro, dopo un paio di bicchieri il vostro russo sembrerà molto più corretto…).
Un giorno, mentre eravamo da LIDO, io e Jan il Ceco stavamo parlando della nostra infanzia. Jan mi ha detto:
“Sono cresciuto in appartamenti sovietici e sai, non sono come pensi. Non sono deprimenti. Hanno un certo fascino, non so come spiegare… in realtà sono proprio belli. Ai miei amici e a me piaceva dove vivevamo: ci vedevamo spesso, e facevamo tante cose insieme.”
Ha fatto una pausa, poi ha mangiato un pezzo del suo Shashlik e con gli occhi brillanti ha aggiunto:
“A Riga ci sono quartieri sovietici, lo sai. Ci sono appartamenti sovietici, parchi giochi, panchine. Interi quartieri del passato; sembrano proprio come casa mia. Dovremmo andarci.”
Ho sorriso. Per un australiano, o almeno per questo australiano, niente sembrava più entusiasmante.
Давай!

Il quartiere Purvciems
(Prima di continuare a leggere, ti consiglio di cercare “Molchat Doma” sulla tua app preferita e mettere in riproduzione casuale.)
Con Jan e gli altri, d’estate
Finito il nostro pasto, siamo saliti sul bus numero 22 davanti alla Liden & Denz. Dopo 25 minuti eravamo a Plavnieki. Il contrasto tra questo posto e, per esempio, la città vecchia è davvero incredibile. Jan non avrebbe potuto dirlo meglio: sull’autobus pieno di babushke con buste della spesa, si vedono sempre meno edifici in stile Art Nouveau, le strade diventano più larghe e dritte, e i blocchi di appartamenti sovietici (le “Khrushchovka”) diventano la norma. È territorio da Molchat Doma, anche nel pieno dell’estate. E c’è una certa poesia in tutto ciò, istantanea; qualcosa di oscuro e affascinante, di modesto, completamente e assolutamente ordinario — e forse è un fascino riservato solo allo straniero che non è costretto a vivere nei luoghi che attraversa, forse è un’illusione da turista, ma in questo posto di straordinaria normalità mi sono sentito, in qualche modo, a casa.
Dopo aver attraversato un labirinto di palazzi, con balconi che sembrano piccoli garage pieni di biciclette, uomini a torso nudo che fumano e panni stesi ad asciugare, con alle finestre inevitabili stelle dorate o piantine di plastica Ikea, io e Jan ci siamo ritrovati al Bar & Grill “UGOLOK” (che in russo significa “Angolo”). Abbiamo ordinato un borsch, del pollo con verdure e due pinte di kvass, parlando un russo stentato, e la cameriera – più o meno della nostra età – ci ha guardato con meraviglia, come a chiedere: “Vi siete persi?”
No. Dal volto di Jan il Ceco era chiaro: eravamo esattamente dove dovevamo essere.
Finito il cibo, abbiamo pagato con sorrisi e monetine spicciole, e siamo usciti a fumare. Lì abbiamo ascoltato due uomini anziani discutere prima su dove trovare un telefono cellulare e, poco dopo, sulle angosce della vita matrimoniale. Jan era raggiante. Mi ha preso per un braccio, e dopo aver trovato un vecchio parco giochi, ha tirato fuori una birra dallo zaino.
«Vedi questo,» ha sorriso, indicando la piazza. «Questa era la piazza della mia infanzia. Questa panchina, quest’altalena. Qui venivamo prima delle lezioni, durante le lezioni, dopo le lezioni. Qui ci incontravamo prima di una festa di compleanno o dopo una rottura.»
«Guarda,» ha detto porgendomi la birra, «guarda le finestre.»
E come a volte in Australia, dopo aver fatto surf, non riesci a vedere le formiche nell’erba d’estate, così anch’io, guardando meglio verso quelle finestre, ho visto delle persone, dozzine di persone. C’era chi cucinava, chi puliva, chi giocava ai videogiochi, chi guardava un film, chi stava seduto a non fare nulla… c’erano persone che parlavano, litigavano, sorridevano, pensavano. Lì, in quel vecchio parco giochi, osservavamo vite – non le nostre, non inventate in un libro – ma vite vere; semplici, comuni, bellissime. In realtà non abbiamo parlato molto, se non quando qualcosa meritava di essere detto, e mentre sorseggiavo lentamente la mia birra, ho avuto la sensazione di essere davvero scivolato all’interno di una lingua straniera. Come se stessi osservando qualcosa senza rovinarlo con il mio sguardo.
«Jan, amico,» gli ho detto. «È davvero fantastica, questa panchina sovietica.»
«Sì!» ha esclamato lui. «Panchina sovietica è la definizione perfetta!»
Il giorno dopo abbiamo raccontato alla nostra classe della panchina sovietica. Americani, inglesi… tutti hanno espresso il desiderio di vederla con i propri occhi. E così ci siamo andati. E poi ci siamo tornati. Ed è diventata una delle tante attività amate dopo le lezioni.
Inverno
È il 19 gennaio e sono tornato nel quartiere sovietico di Purvciems per scattare qualche foto. L’inverno, si può dire con certezza, comporta nuove sfide per gli abitanti del posto. Una parte di me immagina questa frase narrata in un documentario sulla fauna selvatica nel deserto, ma in realtà, con il post-punk russo nelle orecchie e i numerosi koshki (gatti) intorno a me, confermo la mia descrizione di questo luogo, almeno per come appare a un turista.
Se vuoi saperne di più sulla storia dei quartieri sovietici di Riga, ti consiglio questo articolo in inglese su Neighbourhood.lv:
👉 https://neighborhood.lv/en/riga-that-tourists-avoid-purvciems-plavnieki-kengarags/
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До свидания!
Articolo di Laef tradotto da Elle, studentessa di russo alla Liden & Denz di Riga