I Diari di Tolstoj: il Fascino (e l’Umorismo) di una Battaglia Interiore

I diari di Tolstoj sono una fonte preziosa per chiunque desideri comprendere meglio l’ampia umanità che distingue i suoi romanzi: quella sensazione irresistibile di osservare le vite di persone che esistono in un regno parallelo al nostro, nutrendo paure e aspirazioni divine con tutta l’incertezza e l’irrazionalità che caratterizzano anche le nostre decisioni.
I diari sono anche molto divertenti, e sarà di grande conforto per molti di noi leggere che Tolstoj soffrì delle stesse pene di colpa, rimorsi, ansie e speranze che proviamo noi. Nikolaj Gusev, ex segretario di Tolstoj, scrivendo in una postfazione all’unica traduzione completa in inglese dei diari di Tolstoj dal 1847 al 1852, riassume così il carattere dei diari:
“Annotando brevemente come aveva trascorso la giornata, continuava poi a scrivere nel suo Diario… i pensieri, i sentimenti e le azioni della giornata di cui non era soddisfatto. Continuando in questo modo a lavorare su sé stesso, Tolstoj rifletteva contemporaneamente in modo più profondo e serio sulle questioni più importanti della vita umana, questioni alla cui soluzione hanno lavorato i saggi di tutti i tempi e di tutte le nazioni, come: la questione di Dio, dell’immortalità, del bene e del male. I pensieri su questi temi annotati nel Diario, a cui evidentemente era giunto attraverso il proprio sforzo, sono particolarmente notevoli, in quanto molti di essi corrispondono pienamente alla sua successiva concezione religiosa della vita…”
Друзья, in questo post voglio condividere con voi alcune delle mie annotazioni preferite tratte dai diari di Tolstoj (finora).
Sulla storia umana
Tolstoj è una presenza costante nella nostra aula, e il suo nome ricorre in quasi tutti i manuali di lingua russa. Molti studenti della Liden & Denz lo hanno letto in traduzione, e le sue idee riaffiorano spesso durante le discussioni. Gli aspetti più “asciutti” di Guerra e Pace — come le riflessioni sulla meccanica della storia — vengono spesso trascurati, poiché sono il movimento e la disperazione dei suoi personaggi a catturare la nostra attenzione, al punto che talvolta ci ritroviamo a saltare qualche pagina di teoria storiografica. Eppure, esiste una profonda simmetria tra i suoi commenti sugli individui e sulla storia, perché per Tolstoj quest’ultima non è governata da leggi autonome, ma è semplicemente l’insieme delle volontà individuali. Un’idea che espone chiaramente verso la fine di Guerra e Pace, dove scrive:
“Una fonte principale del nostro errore è il fatto che nei resoconti storici un’intera serie di eventi innumerevoli, diversi e minori, come ad esempio tutti quelli che portarono gli eserciti francesi in Russia, venga generalizzata in un unico evento in base al risultato prodotto da quella serie di eventi, e che, in corrispondenza a questa generalizzazione, anche l’intera serie di ordini venga ridotta a una singola espressione di volontà. Diciamo che Napoleone desiderava invadere la Russia e che lo fece. In realtà, in tutta l’attività di Napoleone non troviamo nulla che somigli a un’espressione di quel desiderio, bensì una serie di ordini o espressioni della sua volontà, molto varie e indefinite.”
E quanto questa comprensione dell’agire umano sia vicina al modo in cui Tolstoj riflette sulla propria condotta: sulla sua casualità, sul grado in cui si sente sopraffatto da forze più grandi e insondabili della sua volontà. Una serie di annotazioni lo dimostra in modo particolarmente eloquente:
“…Desideravo qualcosa di elevato e buono… Sì, questa era l’emozione che provai ieri sera. Era amore per Dio, ma un amore elevato, che comprendeva tutto ciò che è buono e rinunciava a ciò che è cattivo.” (11 giugno 1851)
Poi, pochi giorni dopo:
“Diverse volte, quando gli ufficiali parlavano di carte, ho desiderato mostrare loro che anch’io sapevo giocare; tuttavia mi sono sempre trattenuto. Spero che, anche se dovessero insistere, riuscirò a rifiutare.” (13 giugno 1851)
Che è immediatamente seguito da questa spiegazione per tre settimane di silenzio:
“(Ho) completamente sprecato il periodo successivo, poiché quello stesso giorno mi lasciai talmente trasportare che persi a carte 200 rubli dei miei, 150 di Nikolinka e contrassi debiti per 500 rubli — per un totale di 850. Tuttavia, mi sto mantenendo in riga e vivo con prudenza, eccetto per il fatto che sono andato a Chervlenaya, dove mi sono ubriacato. Questo è male, e mi turba molto. In effetti, non sono mai riuscito a vivere più di due mesi bene, o in modo tale da poter essere soddisfatto di me stesso.” (3 luglio 1851)
L’umorismo
Alcune delle annotazioni più umoristiche che ho trovato:
“1) Bighellonato. 2) Perso d’animo. 3) Mi sono arrabbiato – ho colpito il gatto e 4) ho completamente dimenticato le regole. 5) Mi sono messo a leggere la fortuna.” (10 gennaio 1854)
“Mi sono svegliato alle 6, ho svegliato tutti; ma per pigrizia non mi sono alzato e ho dormito fino alle 9.” (31 marzo 1852)
“E proprio ora penso con piacere alla sella che ho ordinato, con la quale cavalcherò a Cherkessk, e a come trascinerò me stesso dietro le donne cosacche, e dispero perché il mio baffo sinistro è peggiore del destro, e passo due ore a raddrizzarlo davanti allo specchio.” (2 giugno 1851)
“Presto. Ho cercato di non fumare. Mi muovo in giro. Tuttavia, è bene assistere alla propria miseria.” (12 maggio 1884)
La lotta
Ciò che più di ogni altra cosa sembra caratterizzare i diari di Tolstoj — ed è, in effetti, la ragione stessa per cui essi esistono — è il sincero desiderio di auto-miglioramento e, come osservava Nikolaj Gusev, di ricerca della verità. La sezione che sto leggendo ora — descrizioni intervallate da elenchi di peccati — forse lo dimostra meglio di qualunque altra:
30 marzo — Sveglia alle 7, e fino alle 10 ho scritto in modo pietoso. Alle 10 ho partecipato a una messa da requiem. In chiesa mi sono comportato in modo goffo. Vanità. Alle 4, sul boulevard Tverskoy, non ho salutato Orlov. Timidezza. Una cavalcata in campagna. Ho cenato, letto e sono andato a letto presto perché avevo mangiato troppo e mi mancavano le forze.
Routine prevista: Sveglia alle 6; lettura fino all’1; dalle 13 alle 16, passeggiata e ginnastica; dalle 16 alle 18, cena; dalle 18 alle 22, scrittura.
31 marzo — Ho letto, ma non ho aggiornato questo diario. Più tardi ho letto fino alle 12. Dalle 12 alle 14 ho parlato troppo francamente con Begichev — mostrando vanità e illusione di sé; dalle 14 alle 16 ginnastica — mancanza di coraggio e pazienza; dalle 16 alle 18 cena e alcuni acquisti necessari. A casa non ho scritto — pigrizia. A lungo non ho deciso di far visita ai Volkonskij. Arrivato là, mi sono espresso male. Timidezza. Mi sono comportato male. Timidezza, vanità, mancanza di riflessione, debolezza, pigrizia.
La bellezza
Tolstoj scrive in una lettera a un amico:
“Se mi dicessero che potrei scrivere un romanzo in cui stabilire in modo indiscutibile la verità della mia visione su tutte le questioni sociali, non gli dedicherei neppure due ore. Ma se mi dicessero che ciò che scriverò verrà letto tra vent’anni da coloro che oggi sono bambini, e che piangeranno, rideranno e si innamoreranno della vita in esso contenuta, allora dedicherei a questo tutto il mio essere e tutte le mie forze.”
I diari di Tolstoj offrono uno straordinario sguardo su come la sua vita — che si sia modellata per caso, per esercizio della volontà o per una mistica combinazione di entrambi — abbia dato origine a romanzi permeati di questo stesso carattere.
Articolo di Laef tradotto da Elle, studentessa di russo alla Liden & Denz di Riga