La Migliore Piscina Olimpionica di Riga: Tra Relazioni Sino-Sovietiche e Frammenti di Storia Lettone.

Oggi ci troviamo nella migliore piscina olimpionica di Riga: la RTU Ķīpsalas. Situata oltre il fiume, a soli 17 minuti di autobus da Liden & Denz, questa struttura offre una vasca da 50 metri, saune, un caffè e una palestra.
RTU Ķīpsalas è, senza dubbio, la piscina più strana in cui abbia mai nuotato. Ed è proprio di questa sua stranezza che, любезный читатель (caro lettore), vorrei provare a raccontarti oggi.
Questo è il primo di una serie di post in cui cercherò di raccontarti la Lettonia non attraverso date e personaggi storici, ma attraverso lo sguardo di un visitatore. Come si vive Riga da turista? Quali sensazioni emergono nel mescolarsi tra architetture contrastanti, lingue diverse e una cultura ricca e complessa?
C’è confusione, sì. Ma anche tanta bellezza. Riga è una città che ci insegna le relazioni internazionali non come teoria da manuale, ma come incontro reale tra persone che parlano lingue diverse. È una chiesa quasi smantellata durante l’epoca sovietica, un monumento ribattezzato più volte, un quartiere che cambia volto a ogni angolo.
Questa piscina, proprio come questo Paese, è insolita. E forse, è proprio questa sua particolarità a renderla così affascinante.
Nuotare (in Lettonia)…
In Australia, soprattutto se vivi vicino al mare, nuotare è quasi una seconda lingua: si impara da piccoli, viene naturale da adolescenti e si trasforma in un’abitudine amata anche da adulti. È il bar, il caffè, l’appuntamento fisso del sabato mattina.
Qui a Riga, però — specialmente d’inverno, dopo un pranzo abbondante al LIDO, quando fuori nevica e il buio cala già dopo mezzogiorno — l’idea di andare in piscina non suona altrettanto allettante. Sembra qualcosa di freddo, distante. Un’attività da rimandare.
Per fortuna, avevo scoperto la RTU Ķīpsalas in estate, e quei ricordi mi hanno spinto a tornarci più volte nelle ultime settimane, nonostante l’inverno.
L’ingresso costa tra gli 8 e i 12 euro, a seconda dell’orario e se si ha una tessera studenti. Sono obbligatorie le ciabatte e la cuffia. Alla reception puoi lasciare un documento, come la patente, in cambio della chiave per l’armadietto.
Una volta superato il tornello, hai due ore di tempo. E ti assicuro: tra docce, corridoi e stranezze varie, passeranno più in fretta di quanto pensi.
Per arrivare in piscina dovrai percorrere un lungo corridoio — un po’ surreale — con finestre subacquee che sembrano spiare il fondo della vasca. In fondo, ci sono quattro spogliatoi: due sono aperti al pubblico. Appena entri, ti accoglieranno le note di Michael Jackson o Eric Clapton in sottofondo.
A quel punto, non ti resta che trovare il tuo armadietto, cambiarti, fare una doccia obbligatoria e poi attraversare il corridoio fino alla piscina.
Tutto il resto è più o meno come ci si potrebbe aspettare. Il bagnino è in ciabatte, con una tazza di tè caldo tra le mani. È cordiale, parla russo. Quando ho visto arrivare un gruppo numeroso di ragazzi e gli ho chiesto, un po’ per scherzo, se fosse la nazionale lettone, ha riso: “Ma che squadra di nuoto? Siamo in Lettonia!”
Quattro corsie restano inspiegabilmente chiuse al pubblico — forse in attesa dei subacquei, forse per semplice abitudine. Nella corsia veloce, i deduška (nonni) fanno rana con calma olimpica; in quella lenta… preparati a vedere stili di nuoto mai documentati prima.
Sì. Benvenuti nel mondo del nuoto, in Lettonia.
Come forse saprai, il nuoto non è affatto stato marginale nella storia dell’Europa orientale. Presto ti racconterò un aneddoto affascinante: l’incontro tra Krusciov e Mao, avvenuto proprio in una piscina di Pechino. Che c’entra con la RTU Ķīpsalas? Non molto. O forse sì.
Perché anche questa piscina è strana. È sovietica. È stata costruita da un regime che non esiste più, ma di cui rimangono tracce evidenti. Tracce che Riga non ha cancellato. Anzi, ha assorbito.
È strano passeggiare nei quartieri periferici, circondati da palazzi identici, silenziosi, costruiti per un’ideologia che non c’è più. È strano vedere l’hotel Radisson e il Monumento alla Libertà guardarsi da due angoli opposti della stessa piazza. Questo è un paese bellissimo, sì, ma anche profondamente segnato. È un luogo dove la storia è urgente, visibile, ancora in pieno movimento. Un’identità che non ha mai smesso di cercarsi.
E questo, друзья (amici), è stato uno dei doni inaspettati dello studiare russo a Riga: qui, le relazioni internazionali non sono una materia da libro di testo. Sono una realtà viva, personale, quotidiana.
Il passato sovietico della Lettonia non è — o non è ancora — davvero passato.
E così mi sono ritrovato a pensarci lì, accanto al bagnino, con un nome lettone e una padronanza fluente del russo, del tedesco e del lettone; dentro una piscina sovietica appartenente a un’università fondata dallo zar Alessandro II — la RTU, che allora si chiamava Riga Polytechnicum — in un Paese che, dal 1940, ha vissuto sotto tre imperi diversi, dove i film sono proiettati in tre lingue, e dove ogni 16 marzo si commemorano i soldati lettoni che combatterono con le SS.
Un Paese difficile da raccontare. Ma proprio per questo, fuori dal comune.
Krusciov e Mao*
*I dettagli di questa sezione sono ispirati a un articolo di Mike Dash, pubblicato su Smithsonian Magazine.
All’inizio degli anni ’50, nonostante l’apparente inevitabilità di un’alleanza ideologica e strategica tra la Cina maoista e l’Unione Sovietica, i rapporti tra i due giganti comunisti si rivelarono fin da subito fragili. Una serie di incontri imbarazzanti e malriusciti tra Nikita Krusciov e Mao Zedong finirono per compromettere ogni possibilità di cooperazione più stretta.
Ripensando alla sua visita a Pechino nel 1957, Krusciov descrisse l’accoglienza come “tipicamente orientale. Tutti erano incredibilmente cortesi e servili, ma io vedevo l’ipocrisia… Ricordo che, una volta tornato, dissi ai miei compagni: ‘Il conflitto con la Cina è inevitabile.’”
E aveva ragione. Mao non aveva alcuna intenzione di compiacere il leader sovietico — un uomo corpulento, vicino ai 100 chili — che riteneva rozzo e inadeguato. La delegazione sovietica fu sistemata in un vecchio hotel scomodo, mentre Mao iniziava un sottile gioco psicologico: lo trattò con condiscendenza, fumò incessantemente (sapendo quanto Krusciov detestasse il fumo) e si rifiutò di prendere impegni concreti.
Il giorno seguente, nella sua residenza privata di Zhongnanhai, Mao — informato del fatto che Krusciov non sapeva nuotare — si presentò in accappatoio e costume. Invitò Krusciov a raggiungerlo nella parte bassa della piscina, poi cominciò a nuotare con sicurezza avanti e indietro, senza curarsi del disagio dell’ospite.
A un certo punto lo invitò a seguirlo nella parte profonda. Krusciov rifiutò. Venne allora fatto arrivare un paio di braccioli — gli stessi che Henry Kissinger, anni dopo, definirà sarcasticamente water wings (ali d’acqua).
Krusciov ricorderà così la scena:
“Lui era un nuotatore provetto, io un minatore. A malapena galleggio quando nuoto, non sono molto bravo. Ma lui nuotava avanti e indietro, pavoneggiandosi, mentre esponeva le sue idee politiche… Era il modo di Mao per mettersi in una posizione di vantaggio.”
L’intento era chiaro: umiliare Krusciov. E ci riuscì. L’episodio segna una frattura simbolica, ma concreta, nell’asse Mosca-Pechino. Subito dopo, le relazioni sino-sovietiche iniziarono a deteriorarsi rapidamente, fino alla rottura ideologica definitiva che avrebbe influenzato la geopolitica comunista per decenni.
Storia lettone
Nel mio ultimo post ho citato Tolstoj e la sua riflessione sul senso della storia. “La mente dell’uomo,” scrive in Guerra e Pace, “non può comprendere le cause degli eventi nella loro completezza, ma il desiderio di trovarle è radicato nell’anima umana.”
All’inizio di questo post ci siamo immersi — letteralmente — nell’acquario subacqueo della piscina RTU Ķīpsalas, a Riga. Abbiamo camminato in un edificio che appartiene a un’altra epoca, costruito sotto un regime che non esiste più. La sua stessa esistenza solleva domande — e sono domande preziose. Perché proprio questa piscina? Perché in questo luogo, in questa forma?
Se la risposta è: “Perché la Lettonia un tempo faceva parte dell’Unione Sovietica”, allora stiamo solo sfiorando la superficie. Tolstoj ci invita a scavare più a fondo. “La storia,” scrive, “è la vita delle nazioni e dell’umanità.” E quella vita non si riduce a nomi e date: è fatta di milioni di volontà individuali, desideri, paure, speranze. È un movimento collettivo, una forza che attraversa generazioni.
“La sola idea capace di spiegare il movimento dei popoli,” continua Tolstoj, “è quella di una forza proporzionata all’intero movimento dei popoli.” In altre parole: la storia non è un evento. È un flusso.
E quindi, любезный читатель (caro lettore), che tu ti trovi alla RTU Ķīpsalas, tra i palazzi ordinati (e inquietanti) di Pļavnieki o tra le vie acciottolate della città vecchia, vale la pena chiedersi non solo cosa è accaduto qui, ma come tutto questo continua a vivere oggi.
Perché quel movimento, quel fiume di forze storiche, non si è fermato. Ci siamo dentro. Ne facciamo parte.
Articolo di Laef, tradotto da Elle studentessa di russo presso Liden & Denz Riga